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Meno pane e grassi il giusto menù da ufficio
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Presentata al Parlamento europeo la campagna avviata in sei Paesi, tra cui l'Italia, per far sì che i lavoratori possano seguire una dieta che coniughi gusto e salute. Con un antipasto, un piatto principale e un dessert c'è il 95 per cento delle possibilità di scegliere un pasto bilanciato

BRUXELLES - Il progetto si chiama Food, acronimo di Fighting Obesity through Offer and Demand. Che, in parole povere, si traduce nell'offerta di un pasto bilanciato per la pausa pranzo dei lavoratori europei. Al Parlamento europeo sono stati appena presentati i risultati di una campagna che - con il contributo di Edenred, società leader nel settore dei buoni pasto con il marchio di Ticket Restaurant - ha toccato sei Paesi europei (Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Italia, Spagna e Svezia) coinvolgendo 52.000 consumatori e 5000 ristoranti. L'obiettivo è fare in modo che sempre più ristoranti aderiscano al progetto Food garantendo ai propri clienti menu bilanciati e in linea con le raccomandazioni che trovate in queste pagine. Indicazioni per tutti, e alcune specifiche per ogni Paese. In Italia, per esempio, il consiglio ai clienti è di non mangiare troppo pane mentre ai ristoratori belgi è chiesto di non mettere il sale a tavola. In Italia i proprietari di ristoranti, bar, tavole calde che hanno aderito finora al progetto sono poco più di mille (sul sito di ticket restaurant): non molti, come del resto non sono molti coloro che chiedono piatti bilanciati e porzioni ridotte, ma probabilmente aumenteranno.

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E questo non vale solo per gli italiani. Meno del 15 per cento dei lavoratori dei sei Paesi ha associato al concetto di alimento bilanciato quello di cibo con poche calorie. Eppure si può. "Ho cominciato dieci anni fa - racconta Emmanuel Verstraeten, fondatore del ristorante Rouge Tomate di Bruxelles, con sede anche a New York - con l'obiettivo di coniugare gusto e salute. Ho eliminato burro, panna, grassi saturi, anche nei dessert e negli antipasti. Materie prime freschissime, cotture rispettose, e una stretta collaborazione con un nutrizionista con il quale esaminiamo ogni piatto, hanno fatto il resto. Da noi, con un antipasto, un piatto principale e un dessert c'è il 95 per cento delle possibilità di scegliere un pasto bilanciato". E gustoso. Perché il gusto resta fondamentale anche se si deve scegliere soltanto un panino.

"Il sapore è molto importante - premette Chiara Manzi, presidente dell'Assic e ideatrice del progetto di Cucina Wellness, con il simbolo dei tre cuori - e non è impossibile poter proporre piatti gustosi cucinati con meno grassi, meno sale e meno zuccheri semplici. Utilizzando gli strumenti giusti e le tecniche di cottura più adeguate. Un esempio è il tiramisù che, alla metà del mascarpone previsto dalla ricetta, sostituisce la chiara d'uovo montata a neve: il sapore è identico, ma i grassi scendono da 44 a 12 grammi per porzione". Trucco da ristoratore wellness: oggi sono già 50 i cuochi che hanno frequentato i corsi per coniugare cucina e nutrizione, e stanno aumentando le strutture certificate.

Un progetto molto simile l'ha appena lanciato la regione Toscana, titolo "Pranzo sano fuori casa". I ristoratori che aderiscono al progetto, sono già più di 400, sono tenuti a rispettare delle regole: offrire frutta e verdura di stagione, pane toscano non salato meglio se integrale, condire con sale iodato e olio extravergine d'oliva, utilizzare un solo ingrediente per i panini e aggiungere qualche verdura, non usare farciture di crema e panna per i dolci, né liquori e zucchero nelle macedonie.

Detto questo - rivela Marilena Colussi, esperta in tendenze e consumi alimentari e curatrice di Food Monitor - aumenta la percentuale di chi si porta il cibo da casa. "La "schiscetta" (portavivande, ndr) viene vissuta con meno remore - precisa - non è più considerata cosa da poveri o sfigati. E anzi diventa un momento di socializzazione con i colleghi, grazie anche alla diffusione negli uffici di forni a microonde, frigoriferi e stanze comuni. Spesso si acquistano piatti pronti o ricettati nella grande distribuzione, perché con lo stesso importo che si spenderebbe al bar si riesce a comprare di più. E magari anche alimenti di qualità maggiore".

Elvira Naselli

[Fonte: LaRepubblica.it|Salute - 7 giugno 2011]





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