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Albicocche, pesche, peperoni quando il buono fa bene
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Si apre la stagione dei 'frutti' rossi e di un'infinità di verdure a buccia arancio. Mangiarli adesso, al giusto momento di maturazione, vuol dire assicurarsi un prodotto più economico, sostenibile e, soprattutto, più gustoso. Che mantiene in salute e favorisce l'abbronzatura. Eppure pochissimi italiani consumano le 5 porzioni raccomandate

ROMA - E finalmente arrivò l'estate, con il suo carico di frutta coloratissima e saporita. Albicocche, pesche, ciliegie, meloni. Per non parlare del tripudio di pomodori, peperoni, fagiolini, zucchine e melanzane. Questo è il periodo giusto di maturazione per quasi tutto (vedi calendario, ndr.), quello in cui vanno mangiati per gustarli al meglio. Il sapore è infatti una discriminante fortissima tra il prodotto di stagione, raccolto dopo una naturale maturazione all'albero e al sole, e quello coltivato in serra.

INTERATTIVO Il calendario della frutta di stagione 1

"Non ci sono dubbi che siano migliori i prodotti di stagione - premette Vincenzo Fogliano, docente di Chimica degli alimenti all'università Federico II di Napoli - almeno dal punto di vista sensoriale, perché un frutto che matura sulla pianta continua a incamerare zuccheri mentre, se lo si stacca, continua a maturare ma senza apporto di nutrienti, che danno invece sapidità. Diverso il discorso per le differenze nutrizionali su prodotti di stagione e in serra: ci sono pochi lavori che confermino una superiorità dei primi, con risultati discordanti e diversi per tipologia di vegetali. Ci sono molte più differenze, piuttosto, tra le diverse varietà di una stesso prodotto: un pomodoro di Pachino, per esempio, produce quantità maggiori di antiossidanti anche se coltivato in serra rispetto ad un pomodoro di Sorrento, più grosso e carnoso. La componente antiossidante è infatti concentrata sulla buccia e dunque più un prodotto ha piccole dimensioni più ne ha rispetto alla polpa".

Prodotto di stagione, inoltre, è quasi sinonimo di filiera corta. Se non altro per ragioni puramente economiche. "Quando il prezzo scende - spiega Fogliano - si tende ad approvvigionarsi localmente per evitare i costi dei trasporti. Detto questo, in un paese in cui si continua a restare lontanissimi dalle cinque porzioni giornaliere consigliate di frutta e verdura, dico che è meglio mangiarle, anche se sono di serra o arrivano dal Cile, piuttosto che non mangiarne affatto".

Sempre più consumatori, però, mostrano di gradire la territorialità dei prodotti e la cosiddetta filiera corta. Tanto che persino un colosso della produzione e distribuzione, come Coop Italia, ha deciso di investire in una linea che ha chiamato "i freschissimi" e che punta su prodotti locali, sul legame con gli agricoltori, su un compenso equo e su un prezzo finale in linea con il mercato. "Abbiamo cominciato la scorsa estate, con i prodotti tipici di alcuni territori nel loro giusto periodo - racconta Vanes Cantieri, responsabile del settore ortofrutta di Coop Italia e ispiratore del progetto - come pesche e nettarine in Romagna, le ciliegie di Vignola, le pesche di Volpedo, quest'anno anche i meloni in Umbria e le pesche in Val di Chiana.

La risposta è stata molto positiva, soprattutto dai parte dei nostri soci. Tanto che abbiamo tentato l'esperimento della confezione con l'etichetta "appena colto": un prodotto raccolto maturo al mattino, che alle 12 è in consegna e va venduto entro due giorni.Nel caso delle pesche, una confezione di 4 bei frutti di calibro grande. Certo, non ci sono grandi numeri, parliamo di circa duemila quintali, che per noi sono una percentuale molto bassa, ma è un buon inizio e contiamo di proporre questa filosofia alle cooperative di altre Regioni. E già da quest'anno, cominciamo tra pochi giorni con pesche e nettarine raddoppiando i punti vendita dello scorso anno. Con vantaggi per i consumatori e anche per i produttori".

di Elvira Naselli

[Fonte: LaRepubblica.it|Salute - 21 giugno 2011]





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