Serve massima attenzione dentro e fuori casa
MILANO - Vari fattori contribuiscono a far sì che in estate aumenti il rischio di tossinfezioni alimentari: l’alta temperatura (favorevole alla moltiplicazione dei batteri), il maggior numero di occasioni per consumare fuori cibi portati da casa (un picnic, o in spiaggia, per esempio), il più frequente ricorso a piatti freddi come insalate di pasta e di riso, che non subiscono l’azione di bonifica del calore quando il piatto viene ben riscaldato prima del consumo. Allora, quali precauzioni adottare in particolare per i cibi da portare fuori casa? «È chiaro che bisogna rispettare le abituali norme igieniche, come lavarsi bene le mani con acqua calda saponata prima e dopo la preparazione degli alimenti, igienizzare periodicamente il piano di lavoro e gli utensili, tenere separati alimenti crudi e cotti — risponde Paolo Aureli, dirigente di ricerca all’Istituto Superiore di Sanità —, ma in più è importante preparare gli alimenti non troppo in anticipo, mettendoli rapidamente in frigorifero e dando loro il tempo di raffreddarsi bene prima di riporli nella borsa termica». E, in generale, per piatti freddi, come l’insalata di riso? «In questi casi, — riprende Aureli — le fasi da sottoporre a maggiore attenzione sono più d’una. Innanzitutto, la refrigerazione degli alimenti deperibili nel più breve tempo possibile: il riso, una volta scolato, deve essere risciacquato con acqua fredda, girandolo spesso nel contenitore per favorirne il raffreddamento e aggiungendo solo dopo gli altri ingredienti. Poi, la conservazione appropriata: mettere l’insalata di riso in frigo, in un contenitore coperto, non appena preparata, avendo cura di rimescolare più volte fino al momento del consumo, per assicurare una refrigerazione uniforme. Il frigorifero deve essere mantenuto a non più di 4-5° e non deve essere troppo stipato. Infine, bisogna evitare tempi di conservazione troppo lunghi, perché ci sono alcuni microrganismi deterioranti e patogeni che si sviluppano anche a temperature di frigorifero. La presenza in questo piatto di vari ingredienti (riso, prosciutto cotto, formaggi, sott’oli), in grado di favorire la moltiplicazione dei microrganismi, e la debole acidità data dai sott’oli o dai sott’aceto, non garantiscono l’arresto della proliferazione microbica». C’è un criterio semplice per capire quali sono gli alimenti più "a rischio"? «Un criterio semplice —spiega Paolo Simonetti, docente di Nutrizione delle collettività al DiSTAM, Università di Milano — può essere quello di considerare il luogo e le modalità di preparazione e di confezionamento dell’alimento. Per intenderci: un alimento "sfuso" è più a rischio rispetto allo stesso alimento riposto, anche per tempi brevi e durante il trasporto, in un apposito contenitore chiuso. Contano, inoltre, il contenuto di acqua, l'acidità (che stabilizza) e gli ingredienti: i biscotti secchi possono essere considerati cibi "sicuri" perché il basso contenuto di acqua non permette ai batteri di replicarsi; mentre creme, salse a base di uova crude, piatti elaborati come il vitello tonnato, al contrario, sono molto più delicati per il tipo di matrice alimentare, il numero di manipolazioni e per la mancanza di acidità stabilizzatrice». Carla Favaro nutrizionista [Fonte: CorrieredellaSera.it - Salute/Nutrizione - 11 luglio 2011]
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