Dall'anguilla al tonno, perchè portarli in tavola e come renderli graditi ai bimbi
MILANO- Le sarde sono ricche di potassio, ben più delle banane; l’anguilla è uno degli alimenti con il maggior contenuto di vitamina A; il tonno è fra i più ricchi di selenio; i latterini (i pesciolini che si mangiano con le lische e si vendono anche marinati, con il nome di acquadelle) sono fra quelli che contengono più calcio. Insomma, anche se si parla di pesce sempre e solo per la sua ricchezza in omega 3 (preziosi per la protezione cardiovascolare) non è questo il suo unico pregio. La ricetta della salute: pasta «siciliana» light Il pesce, infatti, è anche una ottima fonte di ferro, zinco, iodio, vitamine del gruppo B e ancor prima di vitamina D che, oltre a favorire l’assorbimento del calcio e i processi di mineralizzazione ossea, è molto studiata per i suoi possibili effetti protettivi nei confronti di molte malattie (Parkinson,Alzheimer, depressione, declino cognitivo). E il pesce, soprattutto quello grasso, è la nostra principale fonte alimentare di questa vitamina. Senza dimenticare che questo alimento è ricco di proteine (costituiscono in media circa il 15% del suo peso) di ottima qualità che, come riporta un articolo appena pubblicato on line su Nutrition, Metabolism Cardiovascular diseases, sarebbero più sazianti rispetto ad altre fonti proteiche, come la carne bovina e il pollo. Qual è, allora, la «dose» di pesce ideale? Le linee guida italiane per una sana alimentazione suggeriscono porzioni di 100 g due o tre volte a settimana. E quali accorgimenti adottare, durante la cottura, per preservare i nutrienti del pesce? «Per quanto riguarda gli omega 3 — risponde Gian Luigi Russo, dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR di Avellino — è stato verificato che hanno una buona resistenza alle alte temperature. Va però fatto notare che più della temperatura è importante la modalità di cottura. Uno studio pubblicato su Circulation ha dimostrato che il pesce riduceva il rischio di fibrillazione atriale (la forma più comune di aritmia cardiaca) solo se veniva cotto al forno o alla griglia e non fritto. La frittura, infatti, può aumentare i prodotti di ossidazione (degradazione) dei grassi, soprattutto quando lo stesso olio viene usato più volte». La cottura al forno sembra però la più consigliabile in assoluto perché, a differenza di quanto accade con la bollitura o la cottura a vapore, preserva meglio anche il contenuto di sali minerali e non intacca, se non marginalmente (come dimostra uno studio pubblicato dal Journal of Food Composition and Analysis), l’apporto di vitamina D. Carla Favaro [Fonte: CorrieredellaSera.it - Salute/Nutrizione - 29 luglio 2011]
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