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Omega-3 per prevenire le aritmie
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Riducono il rischio in pazienti con insufficienza cardiaca. L'effetto è rapido e poi si mantiene

 

MILANO - Il Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell'Infarto (GISSI) ha prodotto una miniera di dati e scoperte che, negli ultimi 25 anni, hanno cambiato l'approccio all'infarto e alle malattie di cuore. L'ultimo risultato è stato presentato a Barcellona, al congresso dell'European Society of Cardiology, dove gli italiani hanno riferito che un adeguato apporto di acidi grassi polinsaturi omega-3 riduce gli episodi di aritmia nei pazienti con insufficienza cardiaca.

STUDIO – Il GISSI sta studiando da tempo l'effetto degli omega-3 sulla salute del cuore: il primo studio sul tema è il GISSI-Prevenzione e risale al 1993-1995, quando i ricercatori dimostrarono che gli omega-3 (un grammo al giorno) riducono la mortalità nei pazienti reduci da un infarto. Dieci anni dopo gli italiani provarono lo stesso protocollo su persone con insufficienza cardiaca, scoprendo che anche in questo caso i grassi polinsaturi diminuiscono la mortalità (meno 9 per cento) e i ricoveri per problemi cardiovascolari (meno 8 per cento). A Barcellona sono stati presentati dati che approfondiscono questo tema: in una sperimentazione che ha coinvolto 6975 persone con insufficienza cardiaca, i ricercatori hanno voluto valutare l'effetto degli omega-3 sulle aritmie ventricolari e su quelle fatali. I risultati indicano chiaramente che gli omega-3 proteggono dal “cuore ballerino”: metà della riduzione di mortalità sui pazienti con insufficienza cardiaca è proprio da imputare al fatto che gli acidi grassi diminuiscono il pericolo di aritmie fatali. Scende anche del 17 per cento la probabilità aritmie gravi, ventricolari e non.

PROTEZIONE – «Con il GISSI-Prevenzione dimostrammo che nel post-infarto gli omega-3 determinavano una protezione immediata dalla morte improvvisa – racconta Roberto Marchioli del Laboratorio di Epidemiologia Clinica delle Malattie Cardiovascolari del Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro, responsabile della ricerca –. Con il GISSI-HF siamo andati a vedere se tale effetto si verificasse anche nei pazienti con scompenso, che sono più complessi: in questo caso vedemmo che le curve di mortalità non si separavano immediatamente dopo l'avvio del trattamento con omega-3, ma che c'era una parte di mortalità di fatto non prevenibile in questo modo. Stavolta allora abbiamo analizzato nello specifico gli eventi aritmici, verificando che gli omega-3 sono protettivi con un effetto che, di nuovo, emerge molto precocemente e si mantiene durante tutta la durata del trattamento». La mortalità per scompenso non prevenibile con gli omega-3, quindi, non dipende da alterazioni del ritmo del cuore.

COME FUNZIONANO - Ma come funzionano questi acidi grassi? «Modificano il profilo elettrofisiologico dei canali ionici che si trovano sulla membrana delle cellule cardiache: in questo modo agiscono sugli impulsi elettrici che fanno contrarre il cuore, con un effetto finale che di fatto si traduce in una riduzione del rischio di aritmie», risponde Marchioli.

DOSI – Di vera e propria terapia però si tratta, è bene sottolinearlo: i medici hanno cercato di aumentare i livelli endogeni di omega-3 con capsule “concentrate”, a dosi che non si raggiungono certo con la dieta. «Questi grassi, è noto, si trovano nel pesce azzurro. Ma in Italia il consumo è comunque abbastanza modesto e i livelli di omega-3 della popolazione generale sono mediamente bassi: per questo abbiamo dato integratori che consentissero di arrivare a un grammo al giorno. In altri termini, un intervento simile deve essere intrapreso dietro consiglio del medico», specifica il ricercatore. D'altro canto però uno studio appena pubblicato su FASEB Journal segnala che una dose giornaliera di appena 200 milligrammi di omega-3 modifica in positivo marcatori biochimici di rischio cardiovascolare, dopo appena otto settimane. Marchioli non si stupisce, e osserva: «Anche il semplice consumo di pesce è protettivo, e con quello non si arriva di certo a un grammo al giorno. Questo per dire che gli omega-3 hanno effetti variegati e sicuramente anche a dosi più basse agiscono in positivo, se non altro su alcuni aspetti legati al rischio cardiovascolare». Se quindi non ci sono indicazioni specifiche per ricorrere agli integratori, di certo una dieta molto ricca di omega-3 è già un buon punto di partenza per pensare al benessere del cuore.

Elena Meli

[Fonte: CorrieredellaSera.it|Salute/Nutrizione - 21 settembre 2009]





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