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La sindrome metabolica «mette l'acceleratore» alla demenza
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Un motivo in più per per tenere bassi colesterolo, trigliceridi, pressione e glicemia, stando pure attenti che il girovita non si allarghi troppo

MILANO - Ci fosse ancora bisogno di trovare motivi per tenere bassi colesterolo, trigliceridi, pressione e glicemia, stando pure attenti che il girovita non si allarghi troppo, eccone un altro: se il cervello non è più quello di una volta e si collezionano gli elementi della sindrome metabolica, infatti, si rischia di ritrovarsi ben presto con una vera e propria forma di demenza.

STUDIO AMPIO – L'avvertimento arriva dagli ultimi risultati dell'Italian Longitudinal Study on Aging, che da tempo segue oltre 5000 ultrasessantacinquenni in varie parti d'Italia, raccogliendo dati di ogni genere sull'invecchiamento. I dati sulla sindrome metabolica, pubblicati sulla rivista Neurobiology of Aging, sono stati raccolti su un campione di 2.097 partecipanti: i ricercatori li hanno valutati per la presenza della sindrome (caratterizzata da grasso addominale, glicemia alta, ipertensione, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia) e di eventuale Alzheimer, demenza vascolare o deficit cognitivo lieve. Stando ai risultati, chi ha piccoli deficit cognitivi e il sistema cardiovascolare non proprio in ottima forma vede raddoppiare la probabilità di sviluppare una demenza vera e propria nel giro di appena tre anni e mezzo.

ATTENZIONE – «Le nostre indagini sono nate per capire quali fattori influenzano e predicono il declino cognitivo nell'anziano – spiega Vincenzo Solfrizzi, responsabile dello studio e ricercatore al Centro per l'Invecchiamento Cerebrale dell'Università di Bari –. Poiché la componente vascolare è molto consistente in diverse forme di demenza, inizialmente ci eravamo focalizzati su un fattore di rischio vascolare tradizionale, il colesterolo. Man mano che procedeva l'analisi ci siamo accorti che tutti gli elementi della sindrome metabolica assumevano importanza». La presenza di sindrome metabolica in un anziano senza problemi cognitivi, stando ai dati raccolti da Solfrizzi, non indica una maggior probabilità di sviluppo successivo di deficit; invece, in chi già “perde colpi”, è una specie di acceleratore verso la demenza. Il messaggio pratico? «Chi non ha problemi è bene che tenga comunque conto di tutto questo, cercando di prevenire la sindrome metabolica – dice il ricercatore –. Se invece si ha qualche piccolo disturbo di memoria o deficit cognitivo, è opportuno verificare la presenza della sindrome e, in caso affermativo, intervenire in maniera “aggressiva” per tenere sotto controllo gli elementi che la compongono».

FUTURO – Solfrizzi ha soprattutto una preoccupazione: «Il numero di bambini e giovani obesi è in continua crescita: il mio timore è che nei prossimi decenni vedremo sempre più casi di demenza, purtroppo – dice l'esperto –. I pazienti arrivano da noi con il cervello che sembra un colabrodo, a guardarlo con la risonanza magnetica. Ma la degenerazione del sistema nervoso parte da lontano: ritrovarsi così significa non aver saputo gestire i fattori di rischio che già conosciamo, quelli vascolari in primis. Significa spesso essersi accontentati di prendere una pillola per abbassare il colesterolo, mettendosi l'anima in pace, senza far nulla per ridurre i chili di troppo o muoversi di più, senza avere un obiettivo vero. E se la tendenza generale al sovrappeso prosegue, c'è di che preoccuparsi per il futuro», conclude Solfrizzi.

Elena Meli

[Fonte: CorrieredellaSera.it - Salute/Cuore - 13 aprile 2010]






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